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Lara
ha due tentacoli al posto delle braccia. È nata così. Da
piccola un bambino secchione le ha detto che probabilmente qualche
spermatozoo umano era finito chissà come per ingravidare un polpo, o
viceversa un polpo aveva inavvertitamente ingravidato qualche ragazza. Per
quanto assurda come spiegazione, Lara, non trovando di meglio, finì per
pensare che doveva essere andata così. |
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L’idea che a causa dei suoi arti anomali potesse vivere sott’acqua quasi le costò la vita. Ma
fortunatamente fu raccolta alle foci del Tevere da una famiglia di cinesi che
le trovò un lavoro come sarta. Visse i primi anni della sua vita in uno
scantinato, cucendo capi d’abbigliamento con altri giovani dalla pelle
gialla. Così
già in tenerissima età imparò tutto quello che c’era da sapere sulla macchina
da cucire. A
dieci anni era stufa delle scarse prospettive che quell’impiego le
presentava, e siccome era più che convinta di avere del talento come
stilista, decise che era tempo di andarsene. Ma quando disse al suo capo che
quello era il suo ultimo giorno di lavoro si beccò uno sganassone, e la
discussione terminò lì. Qualche
giorno dopo, durante un trasferimento di personale da Fiumicino a chissà
dove, lei e altri cinque cinesi salirono su un furgone. Non c’erano
finestrini, solo un piccolo spiraglio per l’aria vicino alla nuca del
guidatore. Lara attese che fuori ci fosse il massimo rumore di traffico e
infilò un tentacolo nella fessura, tappando gli occhi al guidatore. Crash. I
clacson cominciarono a suonare, qualcuno stava urlando al cinese. Lara
cominciò a battere i tentacoli sul portello gridando aiuto, ma vide con
orrore che gli altri cinesi non volevano essere liberati. La immobilizzarono
e le tapparono la bocca, ma Lara cominciò a morderli con i tentacoli,
liberandosi proprio quando il portello si aprì e davanti alla scena un
poliziotto si rivolse a Dio. Lara non era una bambina scema, capiva che aver
ferito con dei tentacoli altri esseri umani non la metteva esattamente in una
posizione vantaggiosa, così scappò. Il poliziotto sparò in aria, Lara si fece
la pipì sotto, ma continuò a correre e sparì dentro Roma. La
città le parve piena di cinesi, molto più di quanto avesse immaginato. Nei
giorni che passò nascosta vicino alle rotaie i suoi tentacoli la tennero
lontana dalle attenzioni degli uomini con le caramelle. Ma
in un primo momento nessuno sembrò accoglierla. Dopo
qualche giorno passato a elemosinare alla stazione, un ambientalista la prese
con sé, convinto che la sua mutazione fosse in qualche modo collegata
all’inquinamento delle acque laziali. L’ascesa
alla fama fu immediata, e i Verdi istituirono un fondo per “risarcirla” dei
danni crudeli che la vita le aveva imposto. Parte di quel fondo consisteva in
una borsa di studio che Lara sfruttò subito per iscriversi al liceo artistico
e poi all’Accademia delle Belle Arti. Il
suo primo contatto con una matita fu traumatico, non riusciva ad utilizzarla
come i suoi compagni, le sue ventose non si rivelarono prensili come sperava.
Fu qui che Lara fece il suo primo gesto di autodeterminazione violenta: si
infilzò la punta del tentacolo destro con la matita, lo trapassò da parte a
parte e la lasciò dentro finché non si cicatrizzò la ferita. Come il buco di
un orecchino, ora Lara aveva un orifizio artificiale dove inserire i suoi
pennelli. Il
dolore non fu vano, divenne bravissima. Lara
disegnava moltissimo, ritraeva modelle nude con le loro lunghe braccia
normali, le sembravano bellissime. Un
giorno il suo insegnante le propose di farsi un autoritratto. Lei era un po’
invaghita di lui e glielo regalò. Ci rimase un po’ male quando scoprì quanto
continuassero a salire le quotazioni su eBay per
quel pezzo. Finì per odiare il suo insegnante e gli uomini in genere. All’Accademia
non mancavano occasioni di frequentare gruppi neofemministi, alla ricerca di
strategie più o meno violente per sovvertire l’immagine della donna-oggetto
nella ormai imperante cultura maschilista italiana. Aveva
vent’anni e i suoi ormoni stavano impazzendo. I
ragazzi la trovavano simpatica, ma nessuno avrebbe osato fidanzarsi con lei.
Un ragazzo l’aveva baciata una volta, ma era stato preso talmente in giro nei
giorni successivi che aveva interrotto ogni rapporto con Lara. Le
neofemministe erano più aperte, sicché Lara finì per frequentare sempre di
più l’ambiente lesbico-intellettuale. Nonostante
l'inevitabile oggettificazione della donna che la
moda richiedeva, Lara non aveva rinunciato al suo sogno di fare la stilista e
la sua stanza a S. Lorenzo era tappezzata con i bozzetti delle sue future
collezioni estate/inverno. Andando
in giro con i suoi guanti a tentacolo, un giorno attirò l’attenzione di un
negozio fricchettone che gliene ordinò dieci paia per provare a lanciarle sul
mercato. Fu
un successo, la gente cominciava ad andare in giro con quegli strani guanti e
Lara venne intervistata su riviste del settore. Gli articoli però uscivano
sempre tra le pagine dedicate alle curiosità, non veniva presa sul serio. Ma
lei non voleva limitarsi ai guanti a tentacolo, si rendeva conto benissimo
che il mondo intorno a lei aveva arti normali, voleva disegnare per loro. Fu
così che nacque Lady T. Sotto
questo nome, Lara disegnò la sua prima vera collezione e con i soldi dei
guanti tentacolari se la autoprodusse. La sua
compagna dell’epoca, Dora, la aiutò occupandosi degli aspetti non artistici
della faccenda. Nonostante
qualche critico attribuisse il successo di quella prima collezione alla
compassione che la figura della ragazza-tentacolo suscitava, la collezione fu
un trionfo. Lara e Dora andarono a vivere insieme. Lara
trovava tutto sommato opportuno stare con una donna, aveva paura di restare
incinta e generare chissà quale incrocio, ma questo, quando ci pensava, la
rendeva un po’ triste. Sognava
un matrimonio in grande stile, in qualche chiesa sconsacrata. Quando
un giorno seppe che c’era un altro ragazzo tentacolare nel mondo, non esitò
ad andare fino in Canada per incontrarlo. Ma quando scoprì che si trattava di
uno scherzo televisivo, Lara distrusse piangendo le telecamere e lasciò i
marchi dei suoi tentacoli sul presentatore del programma e i tecnici del
suono… non c’era nessuno come lei nel mondo. Questo
segnò inoltre la fine della sua storia con Dora, che non aveva apprezzato di
essere piantata in asso da Lara per il primo uomo tentacolare che capitava. Un
giorno ricevette una visita di suo padre, o almeno quell’uomo si diceva tale,
le mostrò una foto di sua madre, le somigliava in maniera inquietante. Si
disse vedovo, disse che sua moglie, la madre di Lara, non aveva mai saputo di
aver partorito un “essere speciale” come lei, le avevano detto che il bambino
era morto nel parto, e in realtà lui, suo padre, la aveva abbandonata alla
foce del Tevere, convinto che qualcuno l’avrebbe salvata. Era rimasto con lei,
proteggendola dai cani, anche se la neonata si proteggeva benissimo da sola
con i suoi tentacoli. Nascosto, aveva vegliato su di lei finché un gruppo di
cinesi non l’aveva raccolta. Li aveva osservati andare via, sembravano brave
persone. Suo padre era pentito, lo era sempre stato, ma mai avrebbe voluto
che sua madre sapesse la verità. Il padre le chiese un abbraccio, Lara glielo
diede con i suoi tentacoli che lo strinsero così forte da bucargli il
vestito. Forse l’uomo voleva che tornassero ad essere una famiglia, o forse
voleva solo i suoi soldi. Ma questo le venne in mente soltanto quando una
donna venne da lei dicendosi sua madre, e con lei c’era un altro uomo che si
diceva suo padre. Lara non avrebbe mai saputo la verità. La
seconda collezione fu un successo. Lara venne fotografata per molte
copertine, ma solo in primo piano, queste erano le sue condizioni. I
paparazzi avevano imparato a non disturbarla, pena l’immediata distruzione
delle macchine fotografiche e qualche marchio cutaneo. Durante
le sfilate Lara se ne stava dietro le quinte ad osservare i corpi perfetti
delle modelle che andavano avanti e indietro. Dopo aver calcato la
passerella, quegli esseri filiformi cercavano con lo sguardo la sua
approvazione, donandole per qualche istante l'illusione di una superiorità
che Lara non sentiva affatto. Con
i soldi della seconda collezione Lara comprò una casa fuori Roma, sul lago di
Trevignano e vi si trasferì. Per tutta la vita si era vergognata di quanto le
piacesse pescare “a mani nude”. Nella solitudine di quel posto ebbe modo di
recuperare il tempo perduto. Decise
inoltre di voler sperimentare le possibilità eterosessuali del suo corpo. Fu
lì che incontrò me, e fu lì che io decisi di fare un film sulla sua vita. Lara
all’inizio non sapeva se il mio interesse nei suoi confronti fosse più
affettivo o morbosamente cinefilo, mi piaceva
filmarla sempre, la trovavo straordinaria, ma non per i suoi arti… era una
donna elegante, intelligente, autoironica e
decisamente sensuale. Credo
che la scoperta del sesso con gli uomini la abbia cambiata profondamente, io
e lei non avremmo passato insieme tutta la vita, ma saremmo rimasti amici, e
mi avrebbe consentito di finire il mio film. Non avevo un piano, speravo che
la sua vita avrebbe dimostrato qualcosa, che la peculiarità del suo percorso
di donna si elevasse a metafora di una condizione universale, ma forse non
era così, forse stavo solo raccontando la storia della ragazza-tentacolo. Lara
mi permise di filmare alcuni nostri amplessi, le piaceva rivedersi, credo che
avesse bisogno di trovarsi bella. Qualcosa
stava cambiando in lei, la vista dei bambini la straniva
sempre. Fino a quel momento la sua vita era stata dedicata alla ricerca di un
posto nel mondo, e ora che ce lo aveva lo trovava vuoto. Si odiava per ogni
oggetto superfluo che comprava, li chiamava surrogati, era combattuta. Il
desiderio borghese di una famiglia… spegnersi per dedicarsi alla crescita di
un bambino, credo che, in fondo, neanche Lara ne fosse immune. Un
giorno mi chiese se volessi adottare un bambino. Certo,
avremmo dovuto sposarci. Probabilmente
sperava che sarei stato io a chiederglielo, ma io non pensavo a queste cose.
Capii una cosa terribile di me: in tutti quei mesi avevo pensato che a Lara
sarebbe bastato quello che le davo. E tutto quello che avevo da darle era
sesso, affetto e compagnia senza prospettive. Ero
un mostro, anche lei a modo suo, era tutto un casino. continua... |
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